
Una povera, brutta e fosca prospettiva per il nostro S.S.N.. Così sembra essere dalle relazioni durante la giornata del XVIII Rapporto Sanità a cura di C.R.E.A. Sanità che si è tenuto a Roma nella mattinata del 25 gennaio u.s. presso la sede del CNEL. In particolare i Relatori si sono soffermati, ad iniziare dall’introduzione del prof. Federico Spandonaro , sui vari temi trattati sullo stato precario del nostro S.S.N. In particolare: sulla risposta alla pandemia, sull’equità e funzione del servizio pubblico, sulle politiche per le risorse umane.
Da un S.S.N. costruito con intento universalistico si sta giungendo ad un “universalismo selettivo” per carenza di risorse dedicate. Oppure bisognerà puntare sulla crescita del Pil, per poter avere le prestazioni attuali, visto l’aumento in Italia della popolazione anziana e visto che il finanziamento dell’SSN è legato alla percentuale del Pil. Per quanto riguarda l’Equità delle prestazioni, si rileva un aumento della spesa privata per quelle sanitarie, pari al 2,3% del Pil e una spesa media annua di 1734 Euro a nucleo famigliare pari al 5,7% dei consumi.
D’altronde la Pandemia ha contratto dell’8,5% la quota dei consumi sanitari e di più al nord Italia e in particolare di più nelle famiglie più ricche. E solo il 20% dei più ricchi ha aumentato i consumi sanitari privati durante la pandemia. A riguardo degli indici di equità vi è stato un impoverimento dell’1,5% della popolazione pari a 378.627 nuclei famigliari. Circa 500.000 nuclei famigliari sono diventati più poveri, non solo nel centro e nel sud dell’Italia, ma anche al nord. Circa il 2,3% dei nuclei famigliari ha dovuto sostenere spese catastrofiche ( cioè che sono di entità superiore al 40% del reddito complessivo).
Rinunce e impoverimento hanno colpito 1 milione e 300.000 famiglie pari al 5% delle totali. Con un’incidenza annua pari al +0,6% Per la spesa e i consumi privati durante la pandemia le spese che si sono più contratte sono quelle specialistiche ed odontoiatriche, solo gli abbienti hanno continuato a spendere imperterriti in questo frangente. In particolare nel 2021: C’è stata una ripresa dei consumi totali pari al +5%, quelli sanitari +9% Si è rilevato un ulteriore peggioramento del fenomeno equitativo (anche dovuto al recupero dei ritardi diagnostici). Il PNRR destina il 40% delle risorse al sud d’Italia, ma nel riparto non si tiene conto della spesa sanitaria privata. Da 828,3 milioni destinati alla Lombardia, si va ai 442,5 alla Sardegna.
Parlando di una trasformazione di sistema sanitario non più universalistico come quello attuale ma selettivo in futuro, si rileva che solo il 20% dei ricchi sarebbero in grado di essere autonomi per le spese sanitarie. Per cui due alternative:
- O cresciamo economicamente
- O Saremo costretti a fare delle scelte, anche dolorose!
Inoltre non vi sono sistemi di misurazione degli effetti sulle conseguenze post pandemiche sulla Salute della popolazione italiana. E comunque il PNRR va reso flessibile, investendo laddove mancano strutture e disinvestendo laddove ve ne siano troppe come gli Hub e gli Spoke. E’ necessario un aggiornamento dei LEA e dei LEP che devono essere diffusi e omogenei in tutta Italia, visto che ci sono 21 Servizi Sanitari Regionali e bisognerà attuare le riforme per gli enti vigilati. Le politiche per le risorse umane prevedono che al momento attuale mancano gli Infermieri: attualmente vi sono 5,7 infermieri per abitante, mentre dovrebbero essere 9,4! I Medici dovrebbero essere in numero di 15.000 unità/annue per 10 anni per poter sopperire ai pensionamenti e alle carenze attuali. Inoltre alcune specializzazioni per un gravoso impegno e poco remunerative non sono appetibili (in particolare la Medicina d’urgenza e quella Generica, i Medici di Medicina Generale), visto che ne servirebbero a colmare il 56,7% di Medici d’urgenza e il 75% dei MMG attualmente in servizio ( rispettivamente il 43,3% dei M.URG. e il 25% dei MMG).
Gli Infermieri ne servirebbero 30/40.000 per anno ( visto che vi sono 9.000 pensionamenti annui) , ma la cosa più grave è la mancanza di propensione lavorativa alla professione infermieristica nelle classi giovanili (ad un’intervista ai 15enni italiani sulla offerta di lavoro infermieristico, veniva risposto un netto diniego…), né vi è negli immigrati la tendenza ad eseguire la professione infermieristica, per cui il problema non si risolve semplicemente togliendo il numero chiuso, ma cercando di cambiare la mentalità nella popolazione che verrà.
Ma quanti soldi servirebbero?
Almeno 30 miliardi per il numero di cui sopra e per i redditi da allineare al resto d’Europa fra Medici e Infermieri, circa 87 miliardi… che farebbe saltare ogni previsione di spesa!
Per cui ci sono problemi di numeri e…di incentivi!
Bisognerà perciò riformare il rapporto di lavoro come Federsanità che ha somministrato una survey sul tema per cui le risposte sono state:
- Acquisizione del Personale semplificata;
- Cambiare la Normativa sull’acquisizione del Personale;
- Urgente definire gli standard delle dotazioni del Personale e delle Strutture;
- Abolire i vincoli alle carriere;
- Elargire incentivi alla professione
Per cui attualmente la questione della carenza del Personale sanitario è arrivata al capolinea: il problema delle risorse umane non è solo una questione di numero, ma va rivisto completamente il rapporto di lavoro, dato che se anche si rivalutano le retribuzioni, l’adeguamento agli standard europei è probabilmente impossibile. Sarà indispensabile ripensare le regole di progressione delle carriere e gli incentivi in funzione dei bisogni di settore come i L.E.P. (LIVELLI ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI).
Infine per la Medicina generale (Dott. Misericordia della FIMMG) e per la carenza dei MMG nei prossimi 8 anni la perdita dei posti di lavoro sarà di circa 38.000 unità con ingresso previsto di circa 18/20000 unità. Il corso di Formazione REGIONALE ATTUALMENTE è l’unico corso abilitante, con carenze in alcune zone d’Italia “a macchia di leopardo” e con remunerazione carente. La professione è gravata da un’attività non strettamente professionale e con carichi di lavoro insostenibili, specie per quanto riguarda quello burocratico. Infine l’informatica è diventato un ulteriore elemento di disturbo e disagio a causa di ulteriori problemi che genera. La giornata si chiude alle 13 circa.
Dott. Carlo Trabucchi
Addetto stampa SNAMI ROMA
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