Riceviamo dall’Avvocato Beatrice Lucarelli le seguenti considerazioni sulle vaccinazioni e certificati di esenzione dalla stessa, e pubblichiamo per opportuna conoscenza e diffusione presso tutti i colleghi:
Sottopongo una disamina interessante in merito all’obbligo vaccinale e al correlato fragile equilibrio tra diritti costituzionali e salute collettiva.
I recenti provvedimenti governativi hanno imposto l’obbligo vaccinale ai sanitari, ora esteso a tutti i dipendenti pubblici e ai 50enni. Restano numerosi dubbi, i problemi sorti sono molti: la responsabilità del medico certificatore, il diritto alla riservatezza inerente le proprie storie cliniche, l’esistenza o meno di un obbligo di sospensione del dipendente non vaccinato da parte delle strutture sanitarie, l’impugnazione delle sospensioni. Un delicato rapporto di equilibrio tra Ordini professionali, aziende sanitarie e responsabilità dei medici certificatori con conseguenze civili, penali, deontologiche per la redazione del certificato di esenzione nel caso in cui questo venga valutato palesemente falso ma anche quando le valutazioni del certificato non sono condivise. L’ art. 4, d.l. n. 44 del 2021 (non modificato dall’art. 1, comma 1, d.l. 26 novembre 2021, n. 172 ), nel comma 2, afferma che “l’esenzione dalla vaccinazione per gli obbligati, viene meno solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, nel rispetto delle circolari del Ministero della salute in materia di esenzione dalla vaccinazione anti Sars-CoV-2, non sussiste l’obbligo di cui al comma 1 e la vaccinazione può essere omessa o differita”. La legge ricalca l’art. 24 del Codice di Deontologia medica secondo il quale: “Il medico è tenuto a rilasciare alla persona assistita certificazioni relative allo stato di salute che attestino in modo puntuale e diligente i dati anamnestici raccolti e/o i rilievi clinici direttamente constatati od oggettivamente documentati”. Tali temi accennati stanno trovando nella giurisprudenza recente qualche risposta che non sempre è univoca.
L’ORDINE PROFESSIONALE NON È DEPUTATO AL CONTROLLO CLINICO DEL CERTIFICATO
Il Consiglio di Stato, sezione III con ord. 22 dicembre 2021, n. 6790 , richiamando la precedente sentenza 8454 del 20 dicembre 2021, ha chiarito che compete all’Azienda sanitaria locale la decisione finale in ordine alla necessità di derogare all’obbligo vaccinale in considerazione di quanto dichiarato dal medico di medicina generale nel proprio certificato, il quale peraltro, proprio perché costituente l’oggetto (diretto ed esclusivo) dell’attività di verifica della Azienda sanitaria locale, deve consentire all’Amministrazione di appurare la sussistenza dei presupposti dell’esonero. La sentenza n. 8454/2021 respinse il ricorso del medico che presentò un certificato con la seguente dizione: “Si attesta che … risulta essere soggetto esente alla vaccinazione anti Sars-CoV-2. Risulta, infatti, affetto da patologie che non sono oggetto di sperimentazione da parte di alcuna delle Case Farmaceutiche produttrici di vaccini anti-Covid – Tale attestazione viene rilasciata previa valutazione anamnestica dichiarata dal Paziente rispetto alla quale deve trovare rigorosa applicazione il principio di precauzione anche in virtù dell’approvazione meramente condizionata dei vaccini anti Covid”. Nel caso in oggetto non fu appurato neppure, ai sensi dell’ art. 4, comma 2, d.l. n. 44/2021, il collegamento tra le patologie ed il “caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale” indicate dalla legge come requisito di validità. A seguito della richiesta dell’azienda sanitaria, il medico certificatore ribadì la propria opinione senza dettagliare il processo logico e documentale alla base della dichiarazione.
Ebbene, poiché la norma, nella sua formulazione testuale, affermano i giudici di Palazzo Spada, attribuisce al medico di medicina generale il compito di attestare l’ “accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate”, ne deriva che di tali elementi costitutivi della fattispecie di esonero deve darsi espressamente atto nella certificazione all’uopo rilasciata: l’ “attestazione” delle “specifiche condizioni cliniche documentate”, quindi, non consiste nella mera dichiarazione della loro esistenza “ab externo”, essendo necessario, ai fini del perfezionamento della fattispecie esoneratrice, che delle “specifiche condizioni cliniche documentate” sia dato riscontro nella certificazione, unitamente al “pericolo per la salute” dell’interessato che il medico certificatore ritenga di ricavarne”.
L’ORDINE PROFESSIONALE PUO’ SOSPENDERE PER SEMPLICE MANCANZA DELLA VACCINAZIONE
Il Tar Catanzaro, sez. II, con ord., 13 gennaio 2022, n. 7, ha ritenuto che la delibera Ordinistica di sospensione dal diritto di esercizio dell’attività a seguito della mancata vaccinazione è cosa diversa dall’eventuale mancanza di un atto formale di accertamento dell’inosservanza dell’obbligo vaccinale da parte della competente Azienda Sanitaria e l’impossibilità, da parte dell’Ordine professionale, di surrogarsi a detta azienda nel compito di accertare un fatto (la mancata sottoposizione a vaccinazione) non ne fa venir meno la validità. Ha quindi richiamato la giurisprudenza secondo la quale “il diritto soggettivo individuale al lavoro ed alla conseguente retribuzione è sì meritevole di protezione, ma solo fino all’estremo limite in cui la sua tutela non sia suscettibile di arrecare un pregiudizio all’interesse generale (nella specie, la salute pubblica), di fronte al quale è destinato inesorabilmente a soccombere, sicché, ove il singolo intenda consapevolmente tenere comportamenti potenzialmente dannosi per la collettività, violando una disposizione di legge che quell’interesse miri specificamente a proteggere, deve sopportarne le inevitabili conseguenze” (Tribunale di Catanzaro, ord. 19 dicembre 2021). Decisione in linea con il precedente del Consiglio di Stato 6401/2021, secondo il quale “la prevalenza del diritto fondamentale alla salute della collettività rispetto a dubbi individuali o di gruppi di cittadini sulla base di ragioni mai scientificamente provate, assume una connotazione ancor più peculiare e dirimente allorché il rifiuto di vaccinazione sia opposto da chi, come il personale sanitario, sia – per legge e ancor prima per il cd. “giuramento di Ippocrate”- tenuto in ogni modo ad adoperarsi per curare i malati, e giammai per creare o aggravare il pericolo di contagio del paziente con cui nell’esercizio dell’ attività professionale entri in diretto contatto”.
Nella speranza di aver fatto cosa gradita e di porla all’attenzione degli iscritti, le porgo cordiali saluti.
Avv. Beatrice Lucarelli